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riflessioni in forma di note di regia - pag1
Più che la tensione del viaggio, nella Odissea omerica avvolge il senso del racconto. Epico ed evocativo. Breve nella sua durata. Quaranta giorni appena: tanto, si deduce, dura il tempo reale dell'Odissea. Il resto, i lunghi anni erranteschi, sono oggetto di un fabulatorio racconto, come in un flashback, che Ulisse fa ad Alcinoo, re dei Feaci. Al termine del quale, colmo di doni, viene accompagnato a Itaca, dai marinai feaci, e lì deposto in una insenatura isolata, mentre dorme un pesante sonno. Un racconto dunque. Scarno, essenziale, nell'atto del suo proporsi, quanto multiplo, immaginoso nella realtà raccontata. Il teatro si appropria del raccontar d'Ulisse recuperandolo nella "parola" del Pindemonte. Impiegare in un allestimento pur sempre teatrale il verso pindemontiano può apparire, a questa società, anche colta, una forma di adozione di un linguaggio "artificiale" inesistente nella realtà. Nella stessa misura in cui già la lingua di Omero, cioè il dialetto degli aedi epici a cui il vate attingeva, costituisce per i greci un linguaggio letterario artificiale. Il verso del Pindemonte è tendenzialmente "narrativo", ancorché alternato al parlar diretto, al colloquiare, in prima persona. Non è rappresentabile come puro "teatro di rappresentazione", se non a costo di contaminazioni inaccettabili. Lo è, rappresentabile, come teatro raccontato. Alternato dall'elemento dialogico, dalla teatralità pura. La mise en espace aderisce all'impianto della scrittura pindemontiana: "racconta" la vicenda di Ulisse, e nel momento stesso la "rappresenta" compiuta, evocandola se si vuole. Parafrasando il recitar cantando di memoria musicale questa mise en espace crea piuttosto un narrar recitando, che traduce correttamente, si ritiene, l'impianto stilistico e linquistico della Odissea omerico-pindemontiana.
IL TEATRO E LA POESIA. L'allestimento riporta la poesia a teatro; la restituisce alla cultura contemporanea. Restituisce la poesia al solo "strumento" di scena che la veicoli: la voce. Va alla ricerca delle fonti mitiche e mistiche del teatro, quando, con i Greci, la voce del cantore era tutto, verbo, scena, sonorità; la voce dell'interprete era un mondo immaginato e immaginario, che per rappresentarsi non fruiva di alcun espediente del teatrare, di alcuna risorsa estetica.
l'autore e regista del progetto