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	Note di regia di Gianni Battaglia
	    Credo che in Ciavieddu si possano cogliere almeno due segmenti di drammaturgia,
        sugli altri: uno direi esterno, e direi sicuramente didascalico, che
        incornicia i fatti (ri)collocando Comiso sullo sfondo storico di questa
        rappresentazione e (ri)suscitando punti oscuri e interrogativi, ancora
        vivi nei comisani, sulle cause di quella tragedia; e uno interno, nel
        quale il dramma distruttivo di due assassinii, con Ciavieddu artefice
        e vittima, è evocato e vissuto in scena nella sua travolgente
        e sconvolgente pienezza. 
        "
        Fiume ci consegna il suo eroe, insanguinato ed esanime, in una rappresentazione
        in cui una idea di speranza neppure affiora... Ciavieddu è l'ultimo
        dei nostri fratelli al quale non abbiamo saputo tendere una mano." (Melo
        Freni). 
        Ciavieddu mi appare la tragedia delle impossibilità: impossibilità dell'amore,
        del redimersi e del riscatto, ma anche tragedia della diversità,
        dell'eterno ritorno dei fatti tragici. Del loro permanente riprodursi,
        perché il germe di quella violenza che scatenò la furia
        di Ciavieddu è nell'uomo, sembra ribadire Fiume, e riaffiora sempre,
        come per una sorta di nemesi, di ciclicità comportamentale...
        Questo allestimento è costruito attorno al testo di Giuseppe Digiacomo,
        dell'86. Testo che tende a uno scarnificato e vigoroso teatro di parola,
        narrativo o drammatico che sia. La parola... per essa la messa in scena
        si libera, si affranca, da turgori scenografici, oggettistici, decorativi,
        si deteatralizza; per fluire più nitidamente verso il cuore della
        platea e verso forme di purificazione, di se stessa e di talune sue,
        talora sordide, profondità.