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note di regia di Gianni Battaglia - pag1
Il teatro è forse il più grande luogo di peccato e di santificazione
dell'uomo, diceva qualcuno. Dunque sarebbe il luogo, in sintesi, della vita...
ideale! La vita che Ionesco scarnifica ne Il re muore, unica, intera, ricapitolativa.
Della quale questo allestimento coglie grumi significanti: il divenire, il
nichilismo, il caos, la ricerca permanente di qualcosa, la morte...
Il divenire eterno delle cose, nel Re muore (nel mio Re
muore), è nell'alternarsi
del giorno e della notte, nell'ingozzarsi continuo della Guardia, nella sensualità della
servetta Juliette. Sullo sfondo del tempo che passa e dello spazio il re Bérenger,
prossimo alla morte, indugia ancora, illusoriamente inconsapevole, nella evocazione
di immagini poetiche, di sogni, di speranze.
Il nichilismo e il caos dell'esistente vanno a compiersi nella recitazione
caotica che traduce molti segmenti del testo. Ma nell'alternarsi del giorno
e della notte si racchiude anche l'idea della ricerca permanente, di Dio se
si vuole o della sua assenza. E c'è anche il fluire del suono e del
canto e della melodia, come simbolo e percezione sensoriale della armonia
eterna delle cose e del creato.
Alla fine del suo regno, il protagonista, il re Bérenger I, è sovrano
di soli sei sudditi (i soli rimasti nel regno) che vieppiù, da
qualche mese, sfuggono al suo dominio... che vieppiù sono anche
i soli personaggi della rappresentazione. Ionesco sancisce così,
nel Re muore, il perfetto combaciare della vita reale con la vita nel
teatro.
Nel mio allestimento pongo un interrogativo: se nel teatro vive una vita
ideale, quale differenza esiste con la vita reale? Probabilmente nessuna;
sono la stessa cosa. La differenza è nel linguaggio, sembra dire
Ionesco. Nella realtà il linguaggio è comune, riconosciuto
da tutti, convenzionale....
sopra: Antonello Magro La guardia;
in alto a destra: Gianni Battaglia
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